“Vogliamo essere per le criptovalute quello che Google è per il web”: è questo il sogno di Brian Armstrong, sempre più vicino a diventare realtà. Coinbase, la piattaforma da lui fondata nel 2012, ha varcato la porta del Nasdaq circa lo scorso 14 aprile 2023. L’indice si è preparato ad accogliere con una pioggia di miliardi di dollari (attorno ai 100) la più importante società che compra, vende e tiene in deposito per conto dei clienti le criptovalute. Specie quelle che, dietro congrua commissione, si possono comprare presso la stessa Coinbase, attiva in 190 paesi e 32 valute. Una vera miniera d’oro, frutto del cervello fino della Silicon Valley Brian Armstrong.
Come nasce Coinbase: la storia del CEO Brian Armstrong
Fin dalle medie l’oggi trentottenne Armstrong, si è rivelato un piccolo genio della programmazione. Al liceo il passatempo è diventato un impiego part time: nel pomeriggio Armstrong scriveva, a pagamento, programmi in Html per le start-up della sua città, San José, nel cuore della Silicon Valley. Studia poi alla Rice University di Houston, in Texas. Con un socio dà il via a University Tutor, un sito di sostegno agli studenti bisognosi di ripetizioni, in contatto con le associazioni dei genitori. Il socio dell’epoca era John Nelson, oggi a capo della società di e-commerce Vroom. A fine corso, gli studenti vendono l’attività per 21 volte il giro d’affari. È il primo vero successo.
Armstrong, fresco laureato in computer science, fa esperienza in Ibm, Deloitte e pure in Airbnb, per cui si reca in un’Argentina flagellata da un tasso di inflazione a tripla cifra. I tempi sono intanto maturati. Il 31 ottobre 2008 viene rilasciato il white paper di Satoshi Nakamoto, pseudonimo del creatore della prima criptovaluta, la cui identità non è stata ancora svelata. Passano tre mesi durante i quali studia il protocollo a un livello più profondo.
Il progetto iniziale doveva chiamarsi BitBank, “perché mi piaceva come suonava, tipo PayPal o CocaCola”. Dissuaso però dagli avvocati ad usare la parola ‘banca’ nel nome, decide per il termine “Coinbase”, una parte del protocollo bitcoin, acquistandone il dominio per 1.800 dollari.
Il 2012 è l’anno del grande salto assieme al programmatore Ben Reeves, con cui però si arriva presto a una rottura: Armstrong è convinto che sia necessario uno storage in cui depositare i backup degli averi dei clienti. Reeves, in linea con la mentalità degli adepti del bitcoin della prima ora, privilegia la libertà dell’individuo, contro la filosofia di un centro del sistema. Armstrong comprende che per uscire dalla cerchia dei nerd e diventare uno strumento di massa, il bitcoin deve uscire dalla filosofia antisistema, compreso il culto della segretezza, e adottare caratteristiche più adatte al largo mercato.
Che cosa è Coinbase oggi
Alla luce di tutto ciò Coinbase oggi dispone di un sistema per recuperare i codici di sicurezza e di un forziere disconnesso da Internet, ove sono depositate le criptovalute. E, nel corso del tempo, si è dotato di altri servizi, a partire dalle commissioni di compravendita che garantiscono una buona fetta delle entrate della piattaforma Coinbase, su cui convergono oggi più o meno 50 milioni di clienti, tra cui 7 mila operatori professionisti tra banche, hedge fund e fondi comuni.
Il numero degli utenti Coinbase confermati è salito del 23% tra il 2018 e il 2019 e di un altro 34% tra il 2019 e il 2020, fino a raggiungere quota 43 milioni nel quarto trimestre dello scorso anno. Il conto è poi balzato a 56 milioni alla fine di marzo 2021. Un incremento impressionante da oltre quattro milioni di utenti in più al mese, in un momento particolarmente caldo per l’universo delle monete virtuali.
I prezzi del bitcoin sono infatti passati dai 27.734 dollari di inizio gennaio 2021 alla quotazione record del 13 di aprile di 62.668 dollari, registrando così un incremento superiore al 120%. Nel frattempo, l’uso delle criptovalute come strumento di pagamento ha potuto contare su un testimonial d’eccezione: Elon Musk ha infatti dichiarato che i prodotti Tesla potranno essere acquistati mediante l’utilizzo di criptovalute.
Coinbase e il lancio al Nasdaq: qualche polemica, molte vendite
Arriviamo quindi all’avventura borsistica appena cominciata. Armstrong ha scelto per il debutto di Coinbase la strada della quotazione diretta senza passare per l’Ipo, soluzione già adottata per prima da Spotify, Palantir, Slack e Roblox.
La vendita diretta permette a una società di quotarsi in Borsa senza emettere nuove azioni, con tempi più brevi rispetto all’Ipo, costi minori e senza diluizioni di valore per gli azionisti attuali. Per Brian Armstrong, che detiene il 14,8% del capitale aziendale, significa entrare fin da subito nel club dei plurimiliardari. Di sicuro però la ricchezza non gli cambierà la vita: la sua missione resta quella di creare la cripto-Google.
Arriviamo quindi al giorno dell’ingresso su Nasdaq del 14 aprile 2021 a 381 dollari per azione, per una valutazione complessiva di 99,6 miliardi di dollari. I titoli sono partiti subito al rialzo nei primi minuti di scambio superando i 400 dollari per azione. Il giorno precedente la quotazione, invece, il Bitcoin ieri ha toccato un nuovo record di 63.246 dollari, sostenuta dall’ottimismo dei fan delle valute digitali che vedono nella quotazione diretta di Coinbase quel passo decisivo per l’accettazione da parte del grande pubblico del Bitcoin.
Non sono certamente mancate le controversie, infatti mentre gli investitori retail compravano, insider e dirigenti hanno venduto azioni per miliardi di dollari nei giorni successivi alla quotazione diretta di COIN, il titolo azionario di Coinbase. Sebbene i documenti iniziali indicassero che questi individui avessero venduto gran parte delle loro quote nella società, un rappresentante di Coinbase ha però spiegato a Cointelegraph che tali azionisti mantengono forti posizioni di proprietà. I dati di “Capital Market Laboratories”, confermati dalle informazioni pubblicate sul sito web ufficiale di Coinbase, mostrano che un totale di 12.965.079 azioni sono state vendute da insider.
In base al prezzo di chiusura di COIN venerdì 16 aprile 2021 (fine della settimana di lancio), pari a 344,38$, questa cifra corrisponde a oltre 4,6 miliardi di dollari. Transazioni degne di nota includono la vendita da parte della CFO Alesia Haas di 255.500 azioni a un prezzo di 388,73$, mentre lo stesso Armstrong ha venduto 749.999 azioni in tre transazioni a vari prezzi, per un profitto totale di 291.827.966$.
Stando al suo Form 4, dopo la vendita Armstrong possiede 300.001 azioni per un valore di oltre 1 miliardo di dollari. Tuttavia, in un documento divulgato prima della quotazione diretta, le azioni in suo possesso corrispondevano a 36.851.833, indicando che ha venduto poco più del 2% della sua quota nella società. Un rappresentante di Coinbase ha tuttavia spiegato a Cointelegraph che la quota azionaria percentuale di ciascun dirigente non è indicata accuratamente da questi servizi di monitoraggio, e che le vendite rappresentano solo una frazione delle proprietà di dirigenti e insider.
Come era facilmente pronosticabile la divulgazione di questi dati ha causato battute e commenti sui social media. Diversi osservatori hanno paragonato le vendite a un classico “pump and dump”, in cui insider e membri del team vendono i token poco dopo la quotazione. Nonostante ciò ci sono stati anche diversi grandi compratori. Cathie Wood, manager di hedge fund, ha piazzato una grande scommessa sull’exchange, acquistando oltre 350 milioni di dollari in azioni. Inoltre, gran parte del personale di Coinbase ora possiede una quota della compagnia, dopo che 1.700 impiegati hanno ricevuto in regalo 100 azioni ciascuno come ringraziamento.
Coinbase e le conseguenze della quotazione al Nasdaq
Secondo gli analisti il debutto di Coinbase al Nasdaq questo debutto potrebbe finalmente segnare l’occasione di una congiunzione fra la finanza tradizionale e il mondo cripto, ed uno sbarco di successo può essere dunque l’endorsement ufficiale delle criptovalute da parte degli investitori tradizionali.
Diverse banche, tra le quali Goldman Sachs e JPMorgan, hanno già annunciato piani per offrire criptovalute ai propri clienti anche alla luce della curiosità e della domanda creatasi. Molti però continuano a non essere convinti dalla corsa del Bitcoin convinti che essa sia stata dopata dai maxi-stimoli all’economia degli ultimi mesi che hanno fatto volare anche i listini azionari. Tra loro le autorità che globalmente guardano con scetticismo e preoccupazione al Bitcoin e alle criptovalute, ritenute solo uno strumento speculativo senza un valore riconoscibile.
Nonostante le resistenze, le valute digitali tentano diversi governi, in primis quello Cinese che starebbe lavorando al suo “yuan digitale” controllato dalla banca centrale. La Federal Reserve invece procede con cautela sul “dollaro digitale” in attesa dell’appoggio del Congresso.
Fintech in Italia: il mercato e le aziende di successo
Apriamo ora una piccolissima parentesi sulla scena Fintech in Italia, con l’augurio che il mercato ancora sonnecchiante possa svegliarsi anche grazie alla spinta del caso Coinbase. In Italia il fenomeno è ancora sotto traccia ma si stanno affermando casi di successo che hanno iniziato a “contaminare” positivamente l’industria finanziaria italiana con riflessi per alcuni i titoli di Piazza Affari.
L’investimento di Banca Generali nella piattaforma di criptovalute Conio, Illimity nella startup di pagamenti digitali Hype e Azimut in Epic sim, sono alcune delle operazioni balzate agli onori della cronaca e che hanno iniziato a impattare sui prezzi di Borsa. La lista delle società attive alla finanza digitale in Borsa Italiana si contano sulla punta delle dita, cionondimeno hanno un certo peso specifico. In termini di capitalizzazione valgono complessivamente oltre 33 miliardi di euro, il doppio di Unicredit e non lontano dalla capitalizzazione di Intesa Sanpaolo di 44 miliardi. Il titolo fintech a maggiore capitalizzazione in Italia è Nexi, gruppo leader nel campo dei sistemi di pagamento digitali, che attraverso una serie di recenti operazioni di aggregazione, si è proiettata verso una leadership su scala europea.
Un altro campione nazionale in ambito fintech è FinecoBank, istituto di credito nato come piattaforma digitale di intermediazione per strumenti finanziari, che col tempo si è affermata tra le principali banche online pure in Europa. Da inizio anno il titolo si muove in linea con il mercato, +6%, ma nel corso degli ultimi 12 mesi il balzo è del 61%. Tra gli 11 analisti che coprono FinecoBank, monitorati da Bloomberg, cinque consigliano l’acquisto del titolo, sei di «mantenere» e nessun analista di vendere.
Ma se fintech non si nasce, si diventa, di fatti, Banca Generali, Illimity e Azimut nel corso degli ultimi 12 mesi hanno messo a segno delle acquisizioni di società attive nella finanza digitale. Azimut, di fatto la principale società di gestione del risparmio indipendente, ha perfezionato l’acquisto di Epic sim, tra i pionieri della finanza alternativa in Italia. Banca Generali invece ha acquisito una partecipazione in Conio Inc, dotata di un modello di business simile appunto a quello di Coinbase.
Coinbase: quale sorte per il titolo?
Coinbase è sicuramente destinata a procedere all’insegna della volatilità, forse ad un ritmo meno drammatico della criptovaluta. Diversi analisti, che giudicano eccessivi i multipli previsti dai promotori, fanno notare che, una volta entrata al Nasdaq, Coinbase dovrà per forza essere meno disinvolta nelle operazioni finanziarie di swap e in altre pratiche aggressive non gradite alle autorità di mercato. Ne consegue la prospettiva di un minor tasso di crescita dei profitti, tra l’altro vertiginosi in questo strabiliante avvio di 2021, con 800 milioni di dollari su 1,8 miliardi di giro d’affari. Più del doppio dell’intero 2020. Grandissimi numeri in linea con la convinzione di Armstrong: Coinbase sarà per il bitcoin quello che Google è stato per internet. Vale a dire, il mezzo d’accesso universale per un mondo nuovo che, potenzialmente, può raggiungere 3,5 miliardi di persone.