La crypto diventa moneta di stato
C’è chi dice che i Bitcoin possano dare alla testa. Ora non so dirvi se questo sia il caso di Nayib Bukele, giovane presidente di El Salvador, nuovo campione del populismo contemporaneo latinoamericano, ma sicuramente deve aver preso la regina delle crypto abbastanza seriamente.
El Salvador, primo paese ad adottare Bitcoin come moneta nazionale
Il Parlamento del Paese centroamericano, lo scorso 9 giugno 2021, ha approvato a larga maggioranza il suo progetto di fare della più famosa criptovaluta del mondo la moneta legale, sostituendo così il dollaro americano che da 20 anni è l’unica vera moneta in corso nello stato. Magari il Bitcoin non potrà comprare più una Tesla, ma i sostenitori della moneta potranno aprire i cripto-portafogli e godersi un caffè nei migliori bar di San Salvador.
Gli analisti si chiedono a quale logica e strategia economico-finanziaria questa scelta possa corrispondere. Non sempre la razionalità appartiene al populismo, ma volendo cercare forse qualche barlume di senso lo si può trovare.
La Bitcoin Law di El Salvador
Il Congresso del paese ha approvato con una “super-maggioranza” (62 parlamentari su 84) il disegno di legge Bitcoin Law proposto dal già citato presidente Bukele per rendere il Bitcoin una moneta legalmente accettata in tutti i pagamenti, alla stregua del dollaro. A 90 giorni dall’approvazione, ovvero una volta che la legge avrà superato i procedimenti legislativi, chiunque sarà obbligato ad accettare pagamenti in Bitcoin, persino lo Stato, dato che la moneta potrà essere utilizzata per il pagamento di tasse e tributi.
Bukele, che nel 2018 ha ottenuto una maggioranza di 56 seggi su 84 e adesso punta ad assoggettare anche del sistema giudiziario, sostiene che la regolamentazione della moneta permetterà di rendere il sistema finanziario più inclusivo. Secondo le stime presentate nel disegno di legge, infatti, circa il 70% dei Salvadoregni non ha attualmente accesso ai servizi finanziari tradizionali.
Nel testo della legge viene chiarito che “l’obiettivo della nuova legislazione è regolamentare il Bitcoin come una moneta legale senza limiti né restrizioni. Lo Stato promuoverà i meccanismi necessari affinché la popolazione potrà avere accesso alle transazioni cripto“.
Infatti, prima ancora della definitiva approvazione della legge, El Salvador aveva già siglato una partnership con la società di pagamenti Strike per la costruzione di infrastrutture finanziarie moderne che permettano l’utilizzo della tecnologia blockchain.
La mossa del presidente “millenial” sembra volta a garantire “inclusione finanziaria, investimenti, turismo, innovazione e sviluppo economico per il paese“, come promesso dallo stesso in un tweet poco prima del voto al Congresso. In realtà la vera rivoluzione si gioca sul campo della speculazione: la Bitcoin Law rimuove la tassazione delle plusvalenze ottenute dal cambio tra Bitcoin e dollaro ed in questo modo il governo punta ad attrarre sempre più investimenti cripto: “La moneta conta una capitalizzazione di 680 miliardi di dollari. Se anche solo l’1% fosse investito in El Salvador, il pil crescerebbe del 25%”, ha ribadito Bukele in un altro tweet.
L’asset diventerà in tutto e per tutto un investimento non tassabile. Per questo Carlos de Sousa, gestore di Vontobel Asset Management, ha affermato che la legge potrebbe essere sconsiderata: “In generale, la criptovaluta è un modo molto semplice per evitare le tasse, perché è un sistema completamente decentralizzato in cui puoi riciclare denaro e così via” le sue dichiarazioni.
El Salvador e Bitcoin: economia fragile e dipendente dall’estero
L’economia di El Salvador dipende, come tante altre economie povere in America Latina, principalmente dalle rimesse degli emigrati all’estero: esse hanno costituito il 20% del PIL del 2019. Questo flusso di soldi è intermediato oggi in larga parte dalle compagnie di money transfer, fra tutte Western Union con più di 500 uffici nel piccolo paese del centro-america. La popolazione Salvadoregna (6,5 milioni di abitanti ) vive perlopiù nelle zone rurali interne, escludendo i 1,3 milioni di cittadini della capitale San Salvador. Oltre il 70% della popolazione, come già detto, non ha accesso ai servizi bancari più semplici e banali come la possibilità di aprire e tenere un conto corrente, correndo quindi il rischio di dover detenere quantità di soldi cash superiore alla necessità immediata, senza alcuna possibilità di risparmiare.
C’è poi un’altra questione da poco non ancora risolta: quella dei rapporti tra El Salvador e il Fondo monetario internazionale (Fmi), con cui il paese è in trattative per ottenere un finanziamento da circa un miliardo di dollari.
Siobhan Morden, capo della strategia obbligazionaria di Amherst Pierpoint Securities in America Latina, ha dichiarato in merito: “Il recente tweet del presidente Bukele sulla piena accettazione di Bitcoin come moneta a corso legale potrebbe complicare ulteriormente e posticipare le discussioni tecniche presso l’Fmi. Questo potrebbe riflettere solo un piano a lungo termine, o anche una vistosa strategia di pubbliche relazioni; tuttavia, mostra una mancanza di coordinamento con annunci impulsivi che contraddicono piani economici coesi”.
Quali sono i rischi di investire in Bitcoin?
Ecco, allora, che il wallet di Bitcoin, nel quale far arrivare le rimesse o comunque depositare il proprio reddito, può rappresentare il surrogato di un conto corrente bancario, gestito comodamente attraverso lo smartphone.
Se il Bitcoin diventa moneta ufficiale, allora i produttori o commercianti di beni e servizi saranno costretti ad accettare i pagamenti attraverso la criptomoneta. Obiettivo populista centrato: rispondere ad un bisogno immediato e largamente diffuso nella popolazione e combattere l’odiata superpotenza della porta accanto, in questo caso rappresentata dal dollaro e la finanziaria americana Western Union.
Il rischio deflattivo intrinseco al Bitcoin può essere considerato un altro fattore di instabilità mortale per le piccole economie, o perlomeno per una dalle dimensioni di quella del paese in questione. Le monete gestite dalle banche centrali possono essere usate consapevolmente da un Paese per orientare o rispondere all’andamento dell’economia, il Bitcoin invece non ha un soggetto che le gestisce e, soprattutto, sta per raggiungere il suo limite numerico fissato originariamente in 21 milioni di esemplari. Attualmente ne restano solo 2,2 milioni da produrre e l’avvicinarsi al loro esaurimento ne farà fatalmente diminuire il prezzo.
Vale infine solo la pena ricordare la funzione speculativa svolta dalla cryptovaluta (chi ha comprato Bitcoin prima del 2010 li ha pagati meno di un dollaro a pezzo, mentre oggi valgono intorno ai 36mila dollari) e l’enorme consumo energetico che il mining necessita, non così alto come abbiamo già visto in uno dei video precedenti, ma comunque notevole se proporzionato alla possibilità di produrre ed acquistare energia del piccolo paese del centroamerica.
Un altro punto di domanda è dato dalla gestione dei rischi e della volatilità di Bitcoin stesso. Basti pensare che a metà aprile la valuta di Satoshi Nakamoto valeva più di 64 mila dollari, per poi crollare del 30% in una sola giornata dopo le restrizioni imposte dal governo Cinese e la retromarcia di Elon Musk. In altre parole, il valore di un Bitcoin scambiato oggi potrebbe essere molto diverso da quello di domani, con ovvi rischi nel potere di acquisto. Il presidente ha però affermato che “l’utilizzo della moneta non comporterà rischi ai suoi utenti”. Il disegno di legge prevede che “il tasso di cambio con il dollaro sarà stabilito dal libero mercato“, ovvero dalle leggi di domanda e offerta. Sistema che in realtà già regola i cambi delle valute tradizionali, dopo lo scioglimento degli accordi di Bretton Woods nel 1971. A questo proposito sempre Bukele ha affermato che “il governo garantirà la convertibilità nell’esatto valore in dollari al momento di ogni transazione“.
El Salvador e Bitcoin, sullo sfondo di evasione fiscale e mancanza di trasparenza
Tutto questo può essere fatale per l’economia del Paese guidato da Bukele. L’economia di El Salvador non sta molto bene, considerando che si lascia “scippare” la bella cifra di 107 milioni di dollari in tasse evase, il 2,6% di tutte le tasse riscosse, che equivale a 17 dollari a persona, secondo il Tax Justice Network. Non un dato enorme ma se guardiamo ad altri aspetti della politica fiscale del Paese, ci rendiamo conto quanto questa sia inefficiente e opaca.
La mancata riscossione di queste tasse ha un impatto sociale significativo: equivale all’8,65% del budget nazionale per la salute (cioè il costo di 25.785 infermieri) e all’11,3% della spesa per l’educazione. Non meno significativo è il ranking del Paese nella trasparenza della politica fiscale: El Salvador si trovava nel 2019 all’85esimo posto nell’indice di segretezza finanziario redatto dal network e in 64esima posizione nella classifica dei paradisi fiscali nel mondo. In generale l’intera America Latina è un’area fortemente esposta a rischi di esposizione e vulnerabilità dovuta agli illeciti finanziari. Sappiamo però benissimo che questi non sono un problema per vecchi e nuovi populisti come Bukele.
Bitcoin in America Latina: altri Paesi che potrebbero seguire l’esempio di El Salvador
La decisione di El Salvador potrebbe anche fare scuola. Stando ad alcune indiscrezioni di stampa, altri paesi della stessa area geografica, potrebbero avviare l’iter per leggi simili. Obiettivo, anche in questo caso, è l’assegnazione di valore legale al Bitcoin. Si fanno già i nomi di Panama e del Paraguay. Altre voci di corridoio, al momento non confermate, fanno anche nomi più importanti come Brasile o Argentina.
Insomma, in quella parte del mondo c’è un gran movimento, si sa che i latini (noi Italiani compresi) “hanno il ritmo nel sangue”. Probabilmente non sbagliano quegli analisti che vedono la possibile crescente legittimazione del Bitcoin in America Latina come mezzo per compensare le misure adottate dalla Cina. Quel che è certo, invece, è che la mossa di Bukele potrebbe innescare un vero e proprio effetto domino in tutto il continente Sud-Americano.
El Salvador e Bitcoin: l’analisi degli esperti
Concludiamo con qualche spunto e considerazione sull’argomento El Salvador e Bitcoin lasciato da enti e personaggi esperti in materia.
Benoît Cœuré, direttore dell’innovation hub della Banca dei Regolamenti Internazionali, ha descritto le azioni di El Salvador come un “esperimento interessante” nonostante abbia sempre tenuto un atteggiamento critico nei confronti della criptovaluta: nel 2018 la definì “una creatura del male generata dalla crisi finanziaria [del 2008].”
Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha pubblicato un documento consultivo che colloca Bitcoin nella sua categoria di rischio più alta: il regolatore ha richiesto alle banche con esposizione alle crypto di detenere 1$ di capitale per ogni 1$ in BTC in custodia.
In una nota ai propri clienti, rilasciata tramite twitter da @DocumentingBTC, gli analisti della multinazionale di servizi finanziari JPMorgan, con sede a New York City, hanno commentato come segue: “Come con la dollarizzazione all’inizio degli anni 2000, questa mossa non sembra motivata da timori legati alla stabilità ma è al contrario orientata alla crescita. Ma è difficile vedere benefici economici tangibili associati all’adozione di Bitcoin come seconda forma di valuta legale, e potrebbe ostacolare le negoziazioni con il Fondo Monetario Internazionale”
Abbiamo già accennato in precedenza a questa trattativa in corso che, a questo punto, parrebbe compromessa.
Dato il ruolo svolto dal FMI nel fornire accesso al credito esterno per nazioni come El Salvador, le parole di JPMorgan fanno eco a commenti simili recentemente rilasciati da altre importanti figure che non vedono di buon occhio l’adozione di Bitcoin. Lo stesso Fondo Monetario Internazionale ha espresso dei dubbi in merito alla recente decisione dello Stato sudamericano, senza però dichiararsi espressamente contro:
“L’adozione di Bitcoin come moneta avente corso legale solleva una serie di questioni macroeconomiche, finanziarie e legali che richiedono un’analisi molto cauta. Stiamo seguendo da vicino gli sviluppi e continueremo le nostre consultazioni con le autorità locali.”La World Bank invece ha dichiarato di voler continuare a dare il suo aiuto a El Salvador nei processi regolamentari e sulle questioni di trasparenza legate alla moneta, negando però assistenza per quanto riguarda bitcoin a causa di questioni ambientali e di trasparenza.
El Salvador raggiunge i 400 milioni di dollari in bitcoin nel 2024
Agli inizi del 2024, il presidente Nayil Bukele ha dichiarato che il suo Paese, El Salvador, ha immagazzinato più di 400 milioni di dollari in bitcoin in un “portafoglio freddo” offline.
“Abbiamo deciso di trasferire una grossa fetta dei nostri bitcoin su un ‘cold wallet’ e di conservarlo in un caveau fisico all’interno del nostro territorio nazionale“, ha scritto Bukele sui social.
Questo può essere considerato il primo “salvadanaio bitcoin” a livello nazionale, che serve a proteggere gli investimenti in criptovaluta mantenendoli offline per prevenire attacchi di hacker.
Bitcoin e libertà finanziaria: il ruolo dei piccoli Stati
Queste questioni (scusate il gioco di parole) di sostenibilità e trasparenza, delle quali abbiamo già iniziato a trattare in alcune delle pubblicazioni precedenti a tema Bitcoin, rientrano in quella categoria di notizie su Bitcoin non completamente vere o confermate ma utilizzate per dissuadere i piccoli investitori. Ora ad essere dissuasi sono i piccoli Stati. Mentre i grandi si schierano nella direzione delle Central Bank Digital Currency (ovvero le cbdc per le quali ho in programma un video apposito), le quali portano verso lo yuan digitale e la totale sorveglianza finanziaria di Orwelliana memoria, i piccoli scelgono di percorrere la strada della libertà.
Per chi non lo sapesse le Central Bank Digital Currency saranno implementate su delle distributed ledger technology (DLT) che utilizzeranno solo una parte della struttura e funzionamento delle crypto decentralizzare e distribuite, lasciando però il potere di verificare, fermare e rimandare indietro le transazioni da parte degli attori centrali che le emetteranno. Il modo perfetto per tracciare e controllare le informazioni più importanti per ciascuno di noi perché dove e come spendiamo i nostri soldi rivela esattamente tutto di quel che siamo. Volete davvero che una qualche forma di autorità possa controllare, bloccare e cancellare il vostro denaro?
Non a caso la prima nazione al mondo ad aver implementato tutto ciò è proprio la Cina tristemente nota per la mancanza drammatica di libertà personali.
Oggi come agli albori di Bitcoin, l’unione fa la forza: se prima erano i tanti piccoli peer della rete a rendere implacabile l’ascesa di Bitcoin, oggi saranno i tanti piccoli Stati a renderlo la “world reserve currency”. Possibile quindi che i paladini della nostra libertà siano proprio i Paesi in via di sviluppo?