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Bitcoin, smontiamo le critiche 

Sommario

Scopriamo le principali critiche economico-finanziarie rivolte a Bitcoin e analizziamone il ruolo come moneta di scambio.

Spesso e volentieri vengono messe a confronto Bitcoin e le valute tradizionali nella maniera di seguito riportata. “Bitcoin non ha reali casi d’uso in cui può essere superiore alle valute tradizionali” o “Bitcoin non è adottato dai commercianti e ha fallito come moneta” sono tra le affermazioni che si sentono più spesso.

Per quanto riguarda la prima, partiamo dalla domanda: che cos’è il Bitcoin? Dobbiamo ricordare che Bitcoin è una rete di pagamenti digitale che non ha barriere d’ingresso, tutti possono usare Bitcoin senza dover chiedere il permesso a nessuno. Si stima che circa un quinto della popolazione mondiale non possegga un conto in banca e Bitcoin potrebbe consentire a chi non ha accesso alla finanza tradizionale di ricevere e inviare pagamenti digitalmente con costi prossimi allo zero, tramite l’utilizzo del layer 2 di bitcoin ovvero Lightning Network. Le valute tradizionali per poter essere utilizzate in forma digitale necessitano per forza di una parte terza fiduciaria che può essere corrotta o forzata a censurare alcuni tipi di transazione. 

Bitcoin come scudo contro censura e restrizioni finanziarie

Storicamente vi sono vari esempi di censura e restrizioni che sono state scavalcate tramite l’adozione di Bitcoin per ricevere pagamenti: Wikileaks (che è forse l’esempio più famoso), l’oppositore di Putin in Russia Aleksej Navalny, i gruppi di protesta in Nigeria contro la SARS (Special Anti-Robbery Squad), i dissidenti in Cina, Bielorussia, Myanmar.

Gli intermediari finanziari possono decidere di bloccare le transazioni anche senza un obbligo da parte di un’istituzione o un’autorità giudiziaria, ne è un esempio il caso di PornHub – che tutti conosciamo e chi dice il contrario mente – a cui è stata preclusa la possibilità di ricevere pagamenti dai due maggiori circuiti di pagamento cioè VISA e Mastercard. Il sito ha di conseguenza deciso di accettare cryptovalute.

Al contrario delle valute tradizionali poi, nessuno può prelevare, bloccare, congelare o razionare i risparmi in Bitcoin: in Grecia, in occasione della crisi di liquidità, nel 2015 i privati cittadini potevano ritirare al massimo 60€ al giorno presso i bancomat, mentre a Cipro nel 2013 il limite fu imposto a 100€ al giorno, in accoppiata con un prelievo forzoso (bail-out) sui conti correnti, cosa che avvenne anche in Italia nel 1992 sotto il governo Amato.

Le resistenze all’adozione di Bitcoin nel commercio

Il fatto che Bitcoin non sia ritenuto adatto come moneta di scambio di tutti i giorni per commercianti, e che sotto questo punto di vista l’esperienza Bitcoin venga giudicata addirittura fallimentare è quantomeno dubbio e discutibile.

Storicamente ogni tipo di hard money come Bitcoin usato nella storia (perline, sale, conchiglie, oro e in generale qualsiasi “moneta di scambio” la cui offerta non è arbitrariamente modificabile da un’entità centrale, ad esempio tramite le politiche monetarie), prima di diventare moneta passa attraverso le 4 fasi dell’evoluzione del denaro, nell’ordine:

1)  bene collezionabile

2)  riserva di valore

3)  mezzo di scambio

4)  unità di conto

Si tratta di un processo lungo che richiede un adattamento della società nei comportamenti abitudinari degli individui che la compongono.

Le persone preferiscono, a parità di prezzo del bene/servizio che si vuole acquistare, spendere valuta fiat (o easy money), visto che tende a svalutarsi nel tempo, piuttosto che spendere hard money. Per questo motivo nei commerci sono utilizzati principalmente l’euro o il dollaro piuttosto che Bitcoin. Questo fatto però non va a discapito di Bitcoin, bensì lo qualifica come la “moneta buona” scacciata dalle piazze di scambio dalla “moneta cattiva”. Chi ad esempio ha Bitcoin ed Euro, preferisce tenersi in tasca i primi e spendere i secondi. 

Inoltre è praticamente certo che i commercianti saranno via via sempre più spinti all’adozione e promozione di Bitcoin una volta che non vorranno più accettare le loro valute locali come è successo in Venezuela con il dollaro USA .

Sempre più commercianti stanno accettando Bitcoin, in particolare perché i nuovi metodi di pagamento come Lightning e Strike hanno reso più facile riceverli e spenderli. Questa tendenza continuerà ad aumentare man mano che la conoscenza dello strumento e, soprattutto, la user experience miglioreranno, proprio come avvenuto con qualsiasi altra tecnologia. 

Analogamente, alla metà degli anni 90 solo alcuni pionieri utilizzavano Internet, ma con il migliorare dell’interfaccia utente e la maggior “alfabetizzazione informatica”, l’adozione di internet negli ultimi venti anni è diventata esponenziale, fino a raggiungere la quasi totalità della popolazione mondiale.

Perché non dovrebbe essere così anche per Bitcoin?

Le implicazioni economiche legate alla deflazione in Bitcoin

Volendo analizzare la questione in maniera leggermente più tecnica, ma comunque sempre comprensibile ai più, sappiamo che Bitcoin è una moneta deflazionistica grazie alle sue caratteristiche intrinseche.

Giusto per rinfrescarci brevemente la memoria ricordiamo che la natura della deflazione in Bitcoin contiene due regole principali: verrà emesso solo un totale di 21 milioni di monete. Ogni quattro anni c’è una riduzione del 50% della ricompensa in Bitcoin che i minatori ricevono per la convalida dei blocchi.

Detto ciò si sente spesso insinuare che: “Una moneta deflazionistica rallenta l’economia, per cui l’adozione di Bitcoin è deleteria”.

Occorre fare una piccola premessa: il 1800 è stato un secolo di continua deflazione per gli USA e per il dollaro, dovuta principalmente alle continue innovazioni in ambito industriale, che hanno permesso un enorme incremento nell’efficienza della produzione. Gli unici anni inflattivi furono i periodi di guerra (Anglo-americana del 1812–1815 e Civile 1861–1865). Nella seconda metà dell’800 gli USA quintuplicarono il loro PIL e diventarono la prima potenza mondiale superando la Gran Bretagna.

Tutt’oggi esistono mercati deflattivi di grande successo, pensiamo ad esempio al mercato tecnologico, caratterizzato da continue innovazioni e nuovi modelli (hardware, smartphone, accessori) che subiscono una forte svalutazione dei prezzi anche solo pochi mesi dopo il lancio. Nonostante i prodotti si svalutino in breve tempo, anche pesantemente, la domanda e il consumo non ne risentono negativamente.

Storicamente poi le crisi e i cicli economici sono causati da un’errata allocazione delle risorse economiche scarse (lavoro, beni capitali, materie prime ecc) causate da un sistema bancario centralizzato e dalle distorsioni introdotte da regolatori e autorità, fra cui le politiche monetarie inflattive, che incentivano l’indebitamento.

Oggi l’economia mondiale ha sviluppato una totale dipendenza dalle Banche Centrali attraverso le politiche di tassi a zero e il Quantitative Easing, senza il quale imploderebbe su se stessa. L’inflazione mitiga il rischio di default da debito, poiché diminuisce il valore reale del debito, essendo questo nominato in moneta fiat. Questo fatto garantisce agli Stati la possibilità di continuare a sottrarre potere d’acquisto alla popolazione creando altro debito, che permette a chi non lavora o dipende dal Pubblico, di vivere alle spalle di chi produce. Le fasce produttive di fatto si ritrovano in tasca una moneta che vale sempre meno con il passare degli anni.

I fork di Bitcoin

Altre critiche che vengono spesso mosse contro Bitcoin rientrano nel fenomeno dello scetticismo verso le nuove tecnologie per le quali non possediamo ancora un adeguato livello di comprensione. Esiste la paura di una modifica incontrollata dei protocolli Bitcoin che possa portare vantaggio solo a poche persone che sappiano come muoversi all’interno del sistema e addirittura “hackerarlo” o sfruttarne la programmazione a proprio favore. Spesso si sintetizza questa paura di modifica da parte degli utenti avanzati con frasi come “La scarsità  di Bitcoin può essere modificata dagli sviluppatori a differenza di altre riserve di valore come l’oro” o “Bitcoin può essere forkato all’infinito, il che ne diluisce il valore”.

Un fork del codice di Bitcoin con creazione di una nuova altcoin partendo con un nuovo genesis block (vedi Litecoin o Aurora Coin), non inflaziona Bitcoin. Un fork operato da una parte della community (come Bitcoin Cash o Bitcoin SV) non diluisce il valore che un utente detiene in Bitcoin perché si ottengono pari numero di Bitcoin anche sulla catena forkata. L’utente a quel punto potrà semplicemente decidere se conservare o vendere la nuova versione di Bitcoin. 

Il prezzo – e di conseguenza l’hashrate – sulla blockchain che viene preferita dagli utenti tende a salire e in questo modo il mercato decreta quale sia il “vero” Bitcoin. I fork di Bitcoin sono una “feature”, non un bug. I fork con “split” della catena in due valute diverse rappresentano un esperimento evolutivo in cui il mercato sceglie quale sia il “Bitcoin migliore”. Nonostante i numerosi fork di Bitcoin il mercato gravita verso un unico protocollo come riserva di valore, ovvero il Bitcoin originale.

Inoltre, pur essendo possibile per chiunque operare un fork di Bitcoin, per introdurre un upgrade che modifichi l’offerta monetaria totale di Bitcoin deve esserci un accordo tra i principali attori che gravitano attorno alla governance di Bitcoin, fra cui: miners, sviluppatori, principali servizi e compagnie, traders e comuni utenti.

La modifica della total supply di bitcoin richiede un hard fork, creando due catene in cui gli utenti possiederanno bitcoin su entrambe, come già detto in precedenza. Il mercato quindi deciderà quale dei due Bitcoin sarà il Bitcoin originale: quello con supply aumentata o quello originale con supply a 21 milioni.

Non ci sono però incentivi per i principali attori nel mercato a scegliere un fork con supply aumentato, poiché comporterebbe soltanto una svalutazione dei loro stessi risparmi.

Oltre il rendimento monetario e il tradizionale concetto di investimento

Questo discorso è strettamente collegato a quello inerente al valore di Bitcoin stesso. Altra affermazione che ci apprestiamo a smontare è quindi: “Bitcoin non ha rendimento, non è un investimento, quindi non ha valore”.

Il valore di un bene o di un oggetto è deciso dalla domanda e dall’offerta di mercato, non dal rendimento. Se soltanto un asset che presenta dei rendimenti può essere considerato un asset di valore, allora beni di consumo comuni, metalli preziosi, l’arte o oggetti collezionabili e ornamentali non avrebbero alcun valore.

Bitcoin è uno strumento che permette ai risparmiatori di conservare valore al riparo dall’inflazione. La continua svalutazione delle valute fiat modifica le “preferenze temporali” degli individui, incentivando i consumi immediati e disincentivando il risparmio, che è alla base dell’investimento e – quindi – della crescita economica.

Il denaro arbitrariamente manipolato da un’istituzione politica tende a incentivare in modo perverso l’allocazione errata delle risorse economiche scarse. L’effetto di lungo periodo è un impoverimento della civiltà, in conseguenza di continui cicli di boom & boost, come brillantemente illustrato nella teoria austriaca dei cicli economici.

Bitcoin è una reale riserva di valore?

Sempre legata a questi concetti inerenti al valore di Bitcoin è l’interpretazione fatta da alcuni soggetti secondo la quale “Il bitcoin sia troppo volatile per essere riserva di valore o in un portafoglio di investimenti”. Per gli investitori con un lungo orizzonte temporale la volatilità non è sicuramente un problema, il prezzo minimo di Bitcoin tende a raddoppiare in media ogni anno. Diversi studi evidenziano come una piccola percentuale di Bitcoin in un portafoglio di investimento diminuisca il rischio e la volatilità dello stesso, essendo Bitcoin stesso decorrelato rispetto agli altri strumenti finanziari.

Man mano che i volumi e la capitalizzazione di mercato crescono, Bitcoin diventa meno volatile poiché è necessario spostare molti più capitali per modificarne sensibilmente il prezzo.

Un valore monetario diverso

Spesso si fa un paragone molto grossolano tra valute legali e Bitcoin che può essere così riassunto:

“Le valute legali hanno successo perché sono imposte con l’uso della forza (militarmente) e sono l’unico modo per pagare le tasse, invece Bitcoin non è supportato da nulla”. Nulla di più falso! 

Molti Paesi hanno sperimentato iperinflazione o grandi svalutazioni delle loro valute nonostante ognuno di loro avesse a disposizione sia armi che tasse. Basti pensare che l’oro e le pietre preziose hanno avuto valore per migliaia di anni nonostante non fossero supportati da alcun ente pubblico. L’oro è la riserva di valore della maggior parte delle banche centrali e Bitcoin può, in linea teorica, svolgere una funzione simile.

Bitcoin è inoltre supportato dalle sue proprietà monetarie imposte da un protocollo tenuto in piedi da una massiccia rete p2p a governance decentralizzata. Gli stati possono aumentare la domanda di una valuta sotto forma di pagamenti di tributi e tasse, ma il commercio e la politica monetaria sono fattori più importanti nel determinare il valore della valuta stessa, tutte dinamiche ovviamente slegate dal sistema Bitcoin.

Sicurezza finanziaria: affidabilità di bitcoin vs. depositi bancari

Altro problema, o presunto tale, è quello legato alla garanzia di Bitcoin. “Bitcoin non può essere garantito, a differenza dei depositi bancari”, quante volte hai sentito questa frase?

Sappi che esistono moltissimi servizi di custodia dei Bitcoin (anche in Italia) coperti da polizze assicurative private. Invece il fondo interbancario di tutela depositi (FITD) copre a malapena lo 0.022% dei fondi nei conti correnti italiani, quindi non si può nemmeno dire che i depositi bancari stessi siano davvero assicurati.

Siamo quasi giunti alla fine del nostro appuntamento di oggi e vorrei concludere demistificando gli ultimi due concetti. Il primo è praticamente assimilabile ad una teoria del complotto (e neanche ben riuscita) mentre il secondo è più simile alle varie previsioni catastrofiche che vengono effettuate sul futuro della cryptovaluta senza però avere un reale fondamento. 

Tether e la manipolazione del prezzo bitcoin

Veniamo dunque al complotto: “Il prezzo di Bitcoin è manipolato dalla stablecoin Tether”. Tether è solamente una delle tante possibilità che consentono agli utenti di acquistare bitcoin.Tether è nato per soddisfare i bisogni di un gran numero di exchange in tutto il mondo, avendo un dollaro digitale più facile da spostare senza dover necessariamente aspettare i lunghi tempi dettati dai protocolli bancari. 

Ad oggi non esistono prove che dimostrino frodi da parte di Bitfinex nell’emissione di Tether, come attestato anche dal recente accordo extragiudiziale (febbraio 2021) fra Tether e la procura generale di NewYork.

Le CBCD e il mito della sovranità monetaria

Eccoci quindi arrivati al solito concetto disfattista (dal punto di vista della community Bitcoin), per chiudere in bellezza questo video di debunking: secondo tante persone “Le valute digitali della banca centrale (CBDC) supereranno Bitcoin”.

Ricordiamoci sempre che Bitcoin ha una supply scarsa, è incensurabile, inconfiscabile e può essere custodito e transato in completa autonomia senza alcuna licenza. Può anche essere prodotto, se si possiedono risorse sufficienti per qualificarsi come miner. Le “Central Bank Digital Currency” (CBCD) emesse dalle banche centrali non hanno nessuna di queste caratteristiche, non possono essere assolutamente paragonate a Bitcoin.

Il passaggio alla valuta digitale della banca centrale non modifica le proprietà monetarie della valuta fiat, regolata da logiche politiche del tutto arbitrarie. La “tokenizzazione” della moneta legale sarebbe soltanto un passo verso la sorveglianza centralizzata e l’eliminazione del contante per i cittadini.

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