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Bitcoin e inquinamento

Sommario

“Bitcoin spreca troppa energia!” oppure “Questa follia tecnologica ci porterà all’estinzione e al disastro ecologico!”

Quante volte hai sentito, visto o letto illazioni del genere quando si parla di bitcoin e inquinamento, o comunque di criptovalute in generale?

Moltissime persone sostengono che la rete Bitcoin consumi una quantità esorbitante di energia, o per alcuni addirittura la spreca. Questi “articoli” seguono solitamente lo stesso schema: 

  • paragonare il consumo di energia di Bitcoin a quello di un dato Stato per concludere che questo sia un problema;
  • suggerire che ci sia qualcosa di sbagliato nella criptovaluta più famosa al mondo;
  • instillare il dubbio che questa tecnologia sia il male del pianeta e che l’adozione di massa sarà un problema su scala globale;
  • a discrezione una citazione di qualche guru del settore tecnologico, nella maggior parte dei casi estrapolata dal contesto originale, tramite la quale creare un titolo sensazionale (es. Bill Gates: “[bitcoin]…è un processo inefficiente e la quantità di energia consumata è sorprendente”).

La verità è che questi articoli sono poco informativi, non danno un quadro completo della situazione, non pongono il soggetto nella giusta prospettiva e non danno una interpretazione corretta dei pochi dati non correlati che portano spesso il lettore a credere che ciò che gli viene detto sia veritiero.

Il Bitcoin spreca energia, troppa energia? Ci porterà all’estinzione e al disastro ecologico? È il segno inequivocabile di un progetto che non sarà mai sostenibile e quindi destinato a fallire? Nulla di tutto ciò.

Innanzitutto cerchiamo di capire brevemente perché i bitcoin consumano energia.

Come funziona il mining di bitcoin

Il motivo principale sta nella Proof of Work (o PoW), il meccanismo di consenso fondamentale per il funzionamento di Bitcoin, spesso banalizzato come “la risoluzione di un problema matematico”. In realtà questo meccanismo consiste in un gara tra diversi attori, detti miner, a chi completa per primo la corretta compilazione di un nuovo blocco da aggiungere alla blockchain. 

Il blocco per essere completo ed accettato dalla rete dovrà contenere tutte e sole transazioni la cui validità può essere dimostrata, e dovrà presentare delle caratteristiche specifiche. Affinché una di queste caratteristiche fondamentali sia conforme al protocollo è necessario procedere per prove ed errori, essa non può essere calcolata a priori e non esistono scorciatoie. 

Questo meccanismo di prove ed errori (il “work” nella PoW) reitera più volte gli stessi calcoli variando pochi parametri fino ad ottenere il risultato corretto. Il miner che per primo completa il blocco e lo sottopone alla rete viene ricompensato con il conio di nuovi bitcoin (al momento 6,25 BTC pari ad un controvalore attuale di circa 330.000 dollari USA).

Questo procedimento è il cuore della sicurezza e il funzionamento di Bitcoin. Tramite la PoW infatti la rete di bitcoin viene mantenuta in sicurezza, i dati al suo interno vengono resi praticamente immutabili, e la rete stessa continua a funzionare. 

Esistono altri sistemi per arrivare allo stesso risultato? No, non ci sono. Esistono diverse proposte ma non arrivano a fare la stessa cosa nello stesso modo e con gli stessi vantaggi. Certo si potrebbe obiettare che alcuni di questi vantaggi non siano necessari, e che vi sono criptovalute che non usano questo sistema, ma di fatto questa è una opinione soggettiva che si scontra con gli evidenti risultati visti negli ultimi 12 anni secondo cui Bitcoin domina questo mercato mentre sistemi alternativi faticano ed hanno più volte presentato problemi di sicurezza intrinsechi non trascurabili

Quanta energia consumano i Bitcoin?

Spesso si sentono affermazione quali Bitcoin consuma tanta energia quanto la Svezia. Questo paragone non da alcuna informazione utile stando a quanto si impara alle scuole elementari per cui “non si possono confrontare mele e pere”. Gli Stati vanno confrontati con gli Stati, e i sistemi economici con i sistemi economici. 

Proviamo allora a proporre dei paragoni simili e vedere che effetto fa: “Il consumo dei dispositivi sempre accesi ma inattivi delle case statunitensi (spia rossa di stand-by) consuma il 60% in più dell’intera rete Bitcoin”. Da una parte un vero e proprio spreco il cui prodotto e risultato è il nulla assoluto, dall’altra Bitcoin. Con questo tipo di confronto tutte le sciagure ecologiche che vengono prospettate riguardo a Bitcoin saranno precedute da un termine di paragone il cui valore è infinitamente irrilevante, come per l’esempio Bitcoin/Svezia. 

Se volessimo fare un calcolo divertente, per quanto approssimativo, del consumo domestico dell’industria dei videgiochi, scopriremmo che il consumo complessivo delle sole tre console da gioco più vendute al mondo usate per una media, veramente al ribasso, di 1 ora al giorno collegate ad un televisore di medie dimensioni consuma più del triplo della rete Bitcoin, tutto ciò tralasciando il consumo della rete internet!

Se invece di paragonare settori così diversi tra loro paragonassimo dunque sistemi più simili? In un report ARK Investment Management, ha fatto proprio questo mettendo a confronto l’attuale consumo energetico del mining di bitcoin (183M di GJ) con quello dell’estrazione dell’oro (475M di GJ), o del sistema bancario tradizionale (2.340M di GJ). 

Un paragone non può però darci degli elementi validi alla formulazione di un’idea, passiamo ai numeri allora. Calcolare quanta energia è prodotta e consumata al mondo non è facile ma stando ad alcune recenti stime potremmo considerare rispettivamente 25.000 TWh all’anno per la prima e 21.000 TWh l’anno per la seconda, rimanendo su una buona approssimazione al ribasso. Di questi si stima che 3000 TWh l’anno siano consumati dalle sole attività ITC. 

Secondo le stime più recenti l’intera rete Bitcoin consumerebbe più o meno 140 TWh all’anno. Questo vorrebbe dire che Bitcoin da solo consuma circa lo 0,56% di quanto viene prodotto e circa lo 0,6% di quanto viene consumato.

Ridimensionati gli allarmismi, iniziamo a capire meglio il fenomeno e i suoi effetti. Il falso mito della criticità del consumo di Bitcoin si basa infatti su di una informazione sbagliata: tanto consumo = tanto inquinamento

Quanta energia ci vuole per creare un Bitcoin?

La quasi totalità dell’inquinamento e della CO2 dell’energia elettrica viene però dalla sua produzione e non dal suo consumo. È importante quindi capire quali fonti di energia usa Bitcoin e come le utilizza. 

Prova ora a immedesimarti in un miner di Bitcoin: il tuo scopo sarà egoisticamente di guadagnare il più possibile tramite la ricompensa ricevuta per ogni nuovo blocco che riesci ad emettere. 

Questo atteggiamento opportunistico non è un problema, trovandosi similmente in tutte le aziende del settore privato, è anzi una molla su cui fare leva in quanto le rigide impostazioni del protocollo di Bitcoin fanno si che il raggiungimento di questo scopo sia subordinato e vincolato ad un servizio che viene reso all’intera comunità, e che la comunità stessa contribuisce a controllare e supervisionare. 

È evidente come il metodo principale di massimizzare i profitti sia quello di ridurre i costi. Questo si traduce in: 

  • necessità di pagare la corrente il prezzo più basso possibile
  • necessità di dotarsi di hardware più performante possibile (quindi che a parità di consumo di energia sia in grado di effettuare più lavoro).

La prima necessità ha degli impatti evidenti sul mercato dell’energia, mentre la seconda ha degli impatti molto positivi sul mercato della tecnologia. Per dotarti di energia a basso prezzo, tu miner cercherai fornitori con cui chiudere accordi vantaggiosi. 

La maggior parte delle volte questi attori sono produttori di fonti rinnovabili. Le fonti rinnovabili hanno un controllo molto minore sulla produzione di energia, quindi non sono sempre in grado di far coincidere la domanda con la loro offerta, possono cioè trovarsi in momenti in cui la natura eroga, attraverso il vento, il sole, o lo scorrere dell’acqua, molta più energia di quanta è richiesta dal mercato in quel momento. 

Nel migliore dei casi questa energia viene immessa nella rete a prezzi stracciati con una conseguente perdita di guadagni per il produttore. In tutti questi casi interverrà il miner che, con accordi commerciali ad hoc, compra quell’energia prodotta in eccesso a prezzi più alti rispetto quelli corrisposti dal gestore della rete, dando quindi immediatamente un guadagno al produttore. 

Il 73% dei miner fa uso di un mix di energia composto quasi al 40% da energie da fonti rinnovabili ad impatto zero. Numerosi miner, soprattutto in Europa e Stati Uniti, hanno stretto degli accordi con centrali idroelettriche, solari ed eoliche per installare i loro apparati direttamente presso le centrali e produrre Bitcoin sul posto. Un’eccellenza italiana in questo settore è Alps Blockchain.

Quanto costa produrre un Bitcoin?

Recentemente gli incentivi di stato alle fonti di energia rinnovabili non si sono dimostrati sufficienti a mantenere aperti alcuni siti produttivi, con rischio concreto di chiusura di impianti che potrebbero di fatti produrre energia verde ma che non sono più competitivi sul mercato. In questi casi, accordi stretti con i miner hanno fatto sì che la produzione di Bitcoin integri o sostituisca completamente l’aiuto di stato portando simultaneamente ai vantaggi di mantenere aperta la centrale, continuare a disporre di energia verde, mantenere l’occupazione sul territorio e, ovviamente, contribuire alla rete Bitcoin.

Bitcoin quindi definisce un limite minimo del prezzo dell’energia: se il costo è inferiore a una certa soglia quell’energia verrà acquistata per produrre bitcoin, rappresentando un forte incentivo allo sviluppo. La paura che bitcoin vada a sottrarre preziosa energia ad altri utilizzi non è solo smentita, ma in alcuni casi si verifica l’esatto contrario. Un caso a parte è quello della Cina, paese che produce energia principalmente da fonti fossili. 

È innegabile che i miner cinesi la facciano da padrone su tutta la produzione di Bitcoin e conseguentemente con il consumo di energia, e che la Cina faccia tuttora un pesante uso del carbone. È altresì vero che anche in quei paesi il miner si comporta come sopra descritto, ovvero attingendo sempre a fonti rinnovabili in prima istanza e quando possibile, rivolgendosi ad altre fonti più care e più inquinanti solo in seconda battuta. Un esempio chiaro è la provincia dello Sichuan che da sola contribuisce al 10% della produzione di Bitcoin totalmente da energia idroelettrica proveniente da decine di centrali diverse.

Il Bitcoin, grazie al suo mining e alla Proof of Work, è una delle forze che stanno spingendo l’innovazione e la ricerca e stanno dando liquidità ai laboratori. Uno degli aspetti fondamentali per l’hardware dedicato al mining è l’efficienza: minore è il consumo di una unità rispetto al lavoro svolto, maggiori saranno i ritorni. È del tutto normale quindi che i miner competano anche e soprattutto per avere l’hardware più efficiente al fine di ridurre i consumi.

Mining di Bitcoin: l’evoluzione dell’hardware e i benefici per l’industria elettronica

Osservando la storia del mining di Bitcoin sappiamo che si è partiti nel 2010 minando con le CPU dei computer di casa. Per avvantaggiarsi nella competizione e aumentare i ritorni, i primi miner hanno iniziato ad utilizzare batterie di schede video per fare lo stesso lavoro. Queste schede infatti hanno delle GPU molto più performanti e permettono anche di svolgere diversi calcoli in parallelo. La richiesta di schede video ha fatto lievitare i prezzi. 

Se infatti confrontiamo l’andamento del prezzo di Bitcoin fino al 2017 con quello delle azioni di case come NVidia e AMD li vedremo quasi sovrapponibili. In questa prima fase, le migliorie delle schede video ha dato un forte impulso all’intelligenza artificiale, che fa anch’essa uso di schede video per fare calcoli, accelerando notevolmente i tempi di apprendimento delle reti neurali e facilitando moltissimo la ricerca. 

L’avanzamento parallelo di questi due campi di studi, blockchain e intelligenza artificiale, non è per nulla casuale. La competizione si è poi spostata dalle GPU delle schede grafiche agli FPGA ed infine agli ASIC (Application Specific Integrated Circuit). In questo caso la ricerca di performance migliori ha aiutato tutta l’industria elettronica a passare da chip da 130 nanometri del 2013, a 16 verso metà 2015 fino agli attuali 7 nanometri nel 2021. 

Nel caso poi di GPU e FPGA, trattandosi di tecnologie general purpose, il beneficio del progresso tecnologico è direttamente fruibile da tutte quelle applicazioni in cui questi strumenti sono usati per scopi diversi dal mining. Questi avanzamenti tecnologici non si applicano solo all’hardware usato per il mining di Bitcoin, ma si presentano sotto forma di benefici a tutta l’industria dell’elettronica e comportano quindi un’importante spinta al miglioramento dei nostri computer, router, cellulari, televisori ed ogni altro prodotto contenga un chip. In breve Bitcoin sponsorizza molta ricerca riguardo l’efficienza che ritorna sotto forma di beneficio comune.

Bitcoin: tra efficienza e impatto energetico

Tra coloro che non conoscono a fondo il funzionamento di Bitcoin serpeggia un altro mito, quello secondo cui quello ciò descritto fino ad ora sia la fotografia della situazione attuale ma che un’adozione di massa potrebbe far lievitare tutte queste cifre e quindi far rimettere in discussione l’intera blockchain. Nulla di più falso. Il protocollo di Bitcoin non necessita di un dato quantitativo minimo di energia per funzionare e l’energia impiegata non dipende da quanto lavoro c’è da svolgere, questo perché il protocollo impone che la quantità di lavoro sia pressoché costante nel tempo. Se anche ci fossero milioni di transazioni da processare, queste verrebbero immesse nella blockchain sempre rispettando un tetto massimo oltre cui non è possibile andare.

Quello che permette (e permetterà) a Bitcoin di far passare molte più transazioni nell’unità di tempo non è un maggior consumo, ma l’adozione di strutture appoggiate su Bitcoin che ne potenziano le prestazioni, come ad esempio Lightning Network del cui consumo energetico nessuno si è mai curato perché irrisorio nonostante l’elevato numero di transazioni al secondo che permette. Il consumo potrebbe eventualmente aumentare solo con l’aumento notevole del valore stesso di Bitcoin tale da rendere economicamente conveniente l’arrivo in massa di nuovi miner con apparati magari inefficienti. Ma come già visto si tratta di un’ipotesi poco plausibile in quanto l’adozione porta investimenti che sovvenzionano ricerca che porta efficienza e benefici diretti ed indiretti per tutti.

Per concludere è doveroso citare l’ultima arma rimasta ai detrattori del Bitcoin: quella dell’uso per transazioni illecite. Anche in questo caso i dati ci danno un’immagine totalmente contraria a quella che si vorrebbe far passare con dati delle Nazioni Unite e delle Agenzie di sicurezza che vedono, in percentuale, in numero e in valore, un uso illecito della moneta fiat molto superiore a quello di Bitcoin.

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